DECRETO MILLEPROROGHE, EMENDAMENTI N. 13.183 E 13.182

La Consulta di Topografia Antica esprime la sua grave preoccupazione per l’emendamento n. 13.183 al ‘decreto milleproroghe’ all’esame del Parlamento Italiano su proposta di alcuni parlamentari della Lega per modificare il comma 1 dell’art. 25 del D.Lgs. 50 del 18 aprile 2016: Verifica preventiva dell’interesse archeologico. Tale emendamento propone che fino al 2025, l’archeologia preventiva, prevista dal Codice dei Contratti Pubblici, sia applicata solo per le aree soggette a specifica tutela negli strumenti urbanistici, lasciando scoperto tutto il resto del territorio dove invece un tale strumento è assolutamente essenziale.

La Consulta si associa alle preoccupazioni già manifestate dalle Associazioni Professionali degli archeologi, dalle altre Consulte Universitarie e dalle Organizzazioni Sindacali per una proposta che dimostra una totale incomprensione della materia e che considera il patrimonio culturale italiano tutt’al più come decorativo, ma sostanzialmente come un ostacolo allo sviluppo del paese anziché come uno dei suoi motori propulsori.

Nella situazione attuale, infatti, l’archeologia preventiva costituisce lo strumento principale per armonizzare le esigenze della tutela e quelle dello sviluppo, riconoscendo in anticipo le emergenze da tutelare per includerle organicamente nei progetti ed evitare aggravi di costi e prolungamenti dei cantieri. Le operazioni necessarie, va notato, non contemplano necessariamente lo scavo, ma possono avvalersi di una ampia gamma di interventi di consolidata metodologia, di strumenti e tecnologie in continua evoluzione, di indagini geofisiche, che in alcuni casi possono abbreviare tempi e costi. L’assenza di un esame preliminare delle realtà da tutelare significherebbe automaticamente da un lato sicuri danni irreversibili al patrimonio, dall’altro altrettanto certi provvedimenti di blocco lavori, cioè esattamente quello che – nelle intenzioni di coloro che hanno avanzato la proposta – andrebbe evitato.

Non va sottovalutato, inoltre, il fatto che l’archeologia preventiva costituisce un tassello importante del mercato del lavoro in quanto dà spazio a molti professionisti che, in associazione tra loro o come singoli, contribuiscono così in modo determinante allo sviluppo sostenibile del Paese. Se tale emendamento fosse approvato esso costituirebbe al contrario un gravissimo ulteriore danno proprio a quel settore dei beni culturali, che più di altri soffre in maniera drammatica della crisi economica e sanitaria.

Per un discorso di maggiore respiro, che non si limiti patologicamente all’emergenza, vanno evidenziati inoltre due punti. Il primo riguarda la Convenzione Europea per la protezione del patrimonio archeologico de La Valletta (1992), firmata anche dall’Italia e ratificata nel 2015, la quale prevede chiari obblighi per la tutela dei beni archeologici: tra di essi è l’estensione dell’archeologia preventiva alle opere dei privati. La normativa italiana dunque si deve muovere in direzione diametralmente opposta a quella dell’emendamento proposto.

Il secondo punto riguarda il meccanismo del silenzio-assenso che un altro emendamento, il n. 13.182, vorrebbe estendere fino a tutto il 2022 agli “interventi realizzati da soggetti privati su beni culturali relativamente ad opere di consolidamento, messa in sicurezza e adeguamento normativo”. Poiché le Sovrintendenze sono spaventosamente sotto organico, è certezza matematica che gli interventi di questo tipo potrebbero avere mano libera per trasformazioni e demolizioni senza controllo in un grandissimo numero di casi. Sarebbe come dire che, se un paziente non riuscisse a ottenere gli interventi di cui ha necessità dalla Sanità pubblica, fosse autorizzato a rivolgersi a santoni e guaritori.

È ovvio invece che la legittima richiesta di una rapida riposta dell’amministrazione si può soddisfare solamente mediante un incremento sostanziale dell’organico dei Ministero competente attraverso regolari concorsi annuali. Dunque anche in questo caso, all’opposto di quanto proposto, è il meccanismo del silenzio assenso che va abolito, correggendo almeno su questo punto un gravissimo vulnus inserito nella normativa con la riforma dei Beni Culturali.

Per la Consulta di Topografia Antica

Il Presidente – Prof. Paolo Liverani

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